Gruppo di lettura

Tione, 29.04.2016

Cari amici del giovedì!

La serata di ieri ha dimostrato che il nostro gruppo è formato di lettori impeccabili, che rispettano in modo ligio il decalogo dei diritti imprescrittibili del lettore (elencati da Daniel Pennac in “Come un romanzo”.)

Qualcuno ha ammesso di aver saltato molte pagine, qualcuno non ha finito il libro, ma non per questo abbiamo rinunciato a trovarci per condividere la lettura (o la non lettura, già di per sé significativa).

Javier Marìas è senza dubbio uno dei più importanti narratori spagnoli, ha ricevuto premi e i suoi romanzi suscitano recensioni entusiaste. Lo abbiamo affrontato con queste premesse, scegliendo la sua ultima fatica “Così ha inizio il male”. Una fatica sicuramente per lo scrittore, ma anche per il lettore che cerca di districarsi nella giungla di una verbosità raffinata e a volte fine a se stessa. Gli spunti importanti, geniali osservazioni della realtà, rischiano di restare invisibili come la chiglia di una nave appesantita da un carico eccessivo.

Per tutti è stato interessante il riferimento alla dittatura franchista, la storia dimenticata volontariamente perché troppo dolorosa da affrontare. La frase pronunciata da Muriel è stata notata e da molti sottolineata  (metaforicamente, giammai un lettore modello sottolineerebbe un libro della biblioteca): “La giustizia non esiste. O solo come un’eccezione: qualche atto dimostrativo per salvare le apparenze, nel caso di crimini individuali. Sfortunato chi viene colpito. Per i crimini collettivi, quelli di un’intera nazione, no, non c’è mai giustizia, né lo si pretende. La giustizia ha timore della grandezza, è sopraffatta dalla sovrabbondanza, è inibita dalla quantità. Tutto questo la paralizza e la spaventa, ed è un illuso chi vi si appella sopo una dittatura, o una guerra, o anche solo dopo un linciaggio in un paesino sperduto, sono sempre in troppi a partecipare.”

Mettendoci una pietra sopra, il male non sparisce:  lievita e si fa strada tra i pertugi oppure raggiunge una pressione tale da generare un’esplosione violenta e devastante. Il male, dimenticato e nascosto, si fa strada in tutto il libro, in modo pacato ma continuo. Non c’è personaggio che si salvi dal tradimento, dalla morte della verità, dal peso del segreto. L’odio non risolto continua a nutrire se stesso, mistifica il passato oscurandone i tratti felici. La vita familiare rispecchia la storia nazionale, i segreti soffocano l’amore, anche quando vengono svelati.

Il narratore filtra le esperienze altrui attraverso il proprio vissuto, lasciando il lettore in bilico continuo tra la realtà e l’ipotesi, tra la descrizione fedele e l’inaffidabilità della memoria personale. Interessante è stato seguire il filo dei personaggi cinematografici citati, le cui foto e biografie si possono trovare in rete: i riferimenti sono così puntuali che fanno girar la testa al pensiero che l’unica cosa reale del libro sia il cinema, finzione assoluta per definizione.

In riferimento alla dittatura franchista è stato consigliato il libro di Piero Badaloni “In nome di Dio e della Patria, i bambini rubati dal regime franchista”.

Dopo aver letto un tale libro abbiamo deciso di dedicarci a una lettura più distesa, accettando la proposta di  leggere un autore abbruzzese. Il prossimo libro quindi sarà “I fuochi dei Kelt” di Giovanni d’Alessandro. Il consiglio è di leggere anche “Soli”, che però non è disponibile in copie sufficienti per tutto il gruppo e viene lasciato alla scelta individuale.

Ci incontreremo giovedì 26 maggio alle 20.30.