Gruppo di lettura

Cari amici del giovedì!

Stare al caldo a discutere di un libro è un privilegio di cui abbiamo approfittato volentieri dopo aver letto questo libro che ci ha scaraventati nel mondo dei senza fissa dimora. Un libro che è pervaso dal gelo, quello invernale del mistral che si infila sotto i vestiti e quello della solitudine che si insinua tra le pieghe dell’anima.
Il protagonista è travolto dal divorzio che spazza via la sua vita di benessere e blocca il tempo, ingrippando l’ingranaggio rassicurante delle relazioni e del lavoro. Il futuro scompare, il passato è inseguito come un sogno sfocato, l’eterno presente va ucciso sistematicamente momento per momento. I personaggi che Rico incontra in questo mondo parallelo, che sfugge agli sguardi della gente “normale”, sono rappresentanti dell’umanità, tinta delle sue mille sfumature. Lea rappresenta l’utopica perfezione dell’amore passato, Miriana la femminilità esacerbata dalla guerra quotidiana. Rico, respinto sia come figlio che come padre, trova in Titì una figura paterna che lo guida e in Abdu un figlio cui lasciare in eredità il peso della vita e la dolcezza di un’unica carezza. Rico trova poi il proprio alter ego oscuro in Dedè, che come un Lucignolo trasfigurato lo vuole trascinare nel suo abisso di rancore.
Il libro tocca tasti personali fortissimi nel lettore: con che occhi guardiamo chi sta su una strada? Cosa è giusto fare, quale azione può aiutare senza togliere dignità alla persona? Quante volte passiamo con lo sguardo attraverso la persona per vedere solo la sua categoria di appartenenza?
I temi che ricorrono nel libro sono estremamente attuali: l’immigrazione dall’Algeria e dalla Bosnia in seguito alla guerra, l’uomo che a volte non riesce a sostenere il carico emotivo e finanziario di un divorzio, le donne costrette a svendere il proprio corpo per estinguere debiti imposti dalla vita.
Qualcuno avrebbe apprezzato delle caratterizzazioni psicologiche più approfondite e una sgrossatura delle parti di storia appena abbozzate. In particolare risalta la presenza solo marginale del figlio di Rico, la cui relazione con il padre è lasciata in gran parte all’intuizione del lettore. Certo è questa la ferita più profonda nella vita di Rico e il dolore per la distanza abissale che lo separa dal figlio può essere il motivo del silenzio: troppo doloroso è raccontare il dolore che ci uccide.
Lo stile dell’autore è diretto, a volte nudo come la storia richiede. Risveglia l’eco del gelo, quello che non possiamo nemmeno immaginare. E con questo eco nelle ossa chiudiamo il libro, cercando di trattenere la percezione che a volte uno sguardo può fare la differenza, come uno scampolo di sole.
Concludo con una citazione di Elie Wiesel che ci traghetta verso il prossimo incontro: “L’opposto dell’amore non è odio, è indifferenza. L’opposto dell’arte non è il brutto, è l’indifferenza. L’opposto della fede non è eresia, è indifferenza. E l’opposto della vita non è la morte, è l’indifferenza.”

Proprio da Elie Wiesel è stato scritto “L’alba”, il libro che leggeremo per il prossimo incontro il 18 febbraio 2016 alle 20.30.